Regolamento Regionale 10 febbraio 2014, n. 2 Strutture autorizzate all’applicazione delle tecniche per la Procreazione Medicalmente Assistita (Centri PMA): fabbisogno, autorizzazione alla realizzazione ed all’esercizio, requisiti strutturali, organizzativi e tecnologici
IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE Visto l’art. 121 della Costituzione, così come modificato dalla legge
costituzionale 22 novembre 1999 n. 1, nella parte in cui attribuisce al
Presidente della Giunta Regionale l’emanazione dei regolamenti regionali;
Vista la Delibera di Giunta
Regionale n. 65 del 04/02/2014 di adozione del Regolamento;
EMANA
Il seguente Regolamento:
Art. 1Finalità Il presente Regolamento individua il fabbisogno, disciplina l’autorizzazione
alla realizzazione ed all’esercizio, individua i requisiti minimi organizzativi,
strutturali, impiantistici e tecnologici delle strutture sanitarie che possono
erogare prestazioni di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) distinte in tre
livelli di intervento, I, II e III, a seconda della complessità delle
caratteristiche tecnico-scientifiche, delle attrezzature necessarie nonché delle
competenze mediche richieste, così come previsto dalle linee guida definite con
decreto del Ministero della Salute del 21 luglio 2004 emanate in ottemperanza a
quanto disposto dall’art. 7 della Legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Legge 40/2004).
Art. 2Tecniche di PMA - Tipologie dei centri PMA 1. Le tecniche di PMA consistono in una pluralità di metodiche a diverso grado
di invasività, complessità e contenuto tecnologico, finalizzate al trattamento
dell’infertilità di coppia. Tali tecniche vanno inserite in un corretto processo
diagnostico e terapeutico che abbia previamente attentamente valutato la
possibilità di una fecondazione spontanea, l’età della donna e la durata
dell’infertilità nonché la persistenza di insuccessi nell’applicazione di idonee
procedure diagnostiche e terapeutiche medico-chirurgiche.
2. Data la
complessità dell’organizzazione tecnico-strumentale necessaria all’erogazione
delle prestazioni di PMA e la specifica competenza richiesta al personale
coinvolto, le prestazioni di PMA devono essere erogate esclusivamente in
strutture sanitarie autorizzate dalla Regione Puglia ai sensi della Legge
40/2004, collocate nell’ambito delle attività delle unità operative di
ginecologia ospedaliera esistenti ovvero in strutture autonome purché in
possesso dei requisiti generali e specifici previsti nel presente Regolamento,
fatta eccezione per quelle che erogano prestazioni di III Livello che possono
essere erogate esclusivamente in unità operative di ginecologia ospedaliera. Le prestazioni di PMA non possono in nessun caso essere erogate da studi
professionali.
Art. 3Criopreservazione - Banche del seme 1. Tutti i Centri PMA devono essere attrezzati per garantire la
crioconservazione dei gameti e degli embrioni in attesa di un futuro impianto. Le attività di stoccaggio di gameti, embrioni e tessuto gonadico necessitano
che il Centro PMA disponga di due locali separati: - un locale per la
processazione dei campioni. Il locale per la processazione di liquido seminale
deve possedere gli stessi requisiti di un laboratorio di un Centro PMA di I
Livello. Il locale per la processazione di ovociti, embrioni e tessuto gonadico
deve possedere gli stessi requisiti di un laboratorio di un Centro PMA di II
Livello di cui al successivo articolo 6; - un locale per la
crioconservazione, attrezzato per il congelamento rapido, il congelamento lento
e lo stoccaggio dei campioni in azoto liquido. Tale locale deve essere dotato di
sistemi di controllo e monitoraggio dei parametri critici delle apparecchiature
ivi presenti, nonché di appropriati sistemi di sicurezza e di allarmi per la
rilevazione dei livelli di ossigeno, in caso di rottura o malfunzionamento dei
contenitori criogenici e dei sistemi di conservazione, incluso il sistema di
allarme remoto. Per le procedure di congelamento lento, qualora esse siano
effettuate, il locale di crioconservazione deve essere dotato di congelatore
biologico programmabile.
Lo stoccaggio di gameti, embrioni e tessuto
gonadico prevede l’utilizzo di contenitori separati. Laddove esista un
rischio di contaminazione tra campioni, devono essere previsti contenitori
criogenici separati: a. per campioni negativi; b. per campioni in attesa
di referto; c. in caso di pazienti positivi per patologie virali (HCV, HBV,
HIV ed altre) devono essere previsti contenitori dedicati per ciascuna patologia
virale o per combinazioni di virus.
2. Le strutture che effettuano
procedure di crioconservazione di liquido seminale esclusivamente ai fini dello
stoccaggio a lungo termine si configurano come Banche del Seme. Tali strutture
devono possedere i requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi previsti
per il laboratorio di un Centro di PMA di I Livello e devono rispettare le
disposizioni previste dal D. Lgs. 191/2007 e s.m.i. e dal D.Lgs. 16/2010 e
s.m.i.
Art. 4Requisiti generali comuni ai centri PMA di livello I,II e III e alle banche del
seme 1. Requisiti generali inerenti il personale
1.1 Ogni Centro PMA di Livello
I, II e III deve definire e aggiornare costantemente un proprio organigramma che
indichi chiaramente le funzioni e le responsabilità di tutto il personale,
dipendente e non, presente presso il medesimo Centro. Il personale dei
Centri PMA, sia che si tratti di centro integrato in una unità operativa
ospedaliera di ostetricia e ginecologia, sia che sia una struttura autonoma,
deve essere dotato di competenze specialistiche diverse a seconda che la
struttura sia di Livello I, II o III, dedicato e dotato di autonomia gestionale
per garantire libere scelte diagnostico-cliniche e terapeutiche e costantemente
aggiornato. In particolare, ogni Centro PMA deve garantire e documentare che il
proprio personale:
- sia adeguatamente inizialmente formato; - sia
dotato di idonee e adeguate competenze tenuto conto dei compiti allo stesso
affidati; - abbia una conoscenza ed una comprensione adeguata del processo
tecnico-scientifico inerente i compiti allo stesso affidati; - conosca e
comprenda l’organizzazione, il sistema di qualità e le norme di sicurezza del
Centro PMA presso cui svolge le proprie attività lavorative; - sia
adeguatamente informato sul contesto etico e legale del proprio lavoro.
Ogni
Centro PMA deve altresì garantire che il proprio personale sia costantemente
aggiornato anche tenuto conto del progresso scientifico e tecnico, attraverso la
partecipazione a corsi di aggiornamento, incontri tecnici o altri programmi
formativi e che ciascuno assolva agli obblighi di formazione continua acquisendo
almeno il 50% dei crediti (crediti ECM), come previsto dalla vigente normativa,
negli specifici ambiti di competenza.
Il mantenimento dei livelli di
competenza del personale deve essere valutato ad intervalli adeguati specificati
nel sistema di qualità adottato presso ciascuna struttura.
1.2 Il
personale che presta servizio nella Banca del Seme deve essere adeguatamente
formato e deve adeguare la propria competenza al progresso scientifico e tecnico
anche attraverso la partecipazione a corsi di aggiornamento, ad incontri tecnici
o ad altri programmi formativi, assolvendo agli obblighi di formazione continua
acquisendo almeno il 50% dei crediti ECM, come previsto dalla vigente normativa,
negli specifici ambiti di competenza. Deve altresì conoscere ed aggiornarsi
periodicamente in merito ai cambiamenti delle procedure e della normativa di
riferimento. In particolare, ogni Banca del Seme deve garantire e documentare
che il proprio personale: - sia dotato di idonee ed adeguate competenze
tenuto conto dei compiti allo stesso affidati; - abbia una conoscenza ed una
comprensione adeguata del processo tecnico-scientifico inerente i compiti allo
stesso affidati;
- conosca e comprenda l’organizzazione, il sistema di
qualità e le norme di sicurezza della struttura presso cui svolge le proprie
attività lavorative; - sia adeguatamente informato sul contesto etico e
legale del proprio lavoro.
Il mantenimento dei livelli di competenza del
personale deve essere valutato ad intervalli adeguati specificati nel sistema di
qualità adottato presso ciascuna Banca del Seme. 2. Requisiti dei
soggetti responsabili
2.1 Ciascun Centro PMA deve individuare i soggetti
cui affidare le responsabilità direzionali, cliniche e delle procedure di
laboratorio e deve comunicare al Servizio Accreditamento e Programmazione
Sanitaria della Regione il nominativo del responsabile clinico e del suo
eventuale sostituto, in via temporanea o permanente, specificando, in tale
ultimo caso, la data di assunzione definitiva delle funzioni del sostituto. Il responsabile clinico del Centro PMA deve essere un medico specialista in
ostetricia e ginecologia, con esperienza effettiva documentata di almeno due
anni nell’ultimo quinquennio nel settore della PMA. Il responsabile delle
procedure di laboratorio può essere un biologo, un biotecnologo o un medico, in
possesso delle specializzazioni previste per la attività di laboratorio, con
documentata conoscenza di tutti gli aspetti laboratoristici di un Centro PMA; in
particolare, conoscenza di biochimica, biologia cellulare, fisiologia della
riproduzione ed eventualmente esperienza in statistica e risoluzione di problemi
del laboratorio. Deve avere un’esperienza pratica pertinente documentata di
almeno due anni nell’ultimo quinquennio. Il responsabile di laboratorio formula
autonomamente i protocolli del laboratorio e comunica con regolarità al
responsabile clinico del centro di pertinenza i dati inerenti l’attività (per
es. successi, insuccessi ed eventuali problemi insorti). Nelle sole
strutture di I Livello, il responsabile clinico può svolgere funzioni di
responsabile di laboratorio purchè in possesso di documentata esperienza in
biologia della riproduzione.
2.2 Il responsabile clinico di una Banca
del Seme può essere un ginecologo, ovvero un andrologo, un endocrinologo o un
urologo con esperienze andrologiche, con competenze di biologia della
riproduzione, con esperienza pratica di almeno due anni nell’ultimo quinquennio
nel settore della PMA. 3. Requisiti generali organizzativi
I Centri
PMA devono garantire il possesso dei seguenti requisiti generali organizzativi:
- deve essere approntata per ogni paziente una scheda ambulatoriale delle
procedure interventistiche sulla quale devono essere annotati, tra l’altro, gli
estremi dei farmaci somministrati attraverso note specifiche e relative cartelle
cliniche in cui siano riportate le diagnosi, gli esami e le condizioni cliniche,
le prestazioni effettuate e le prescrizioni terapeutiche. Le schede
ambulatoriali devono essere firmate dal responsabile clinico e dal responsabile
del laboratorio; - deve essere, altresì, approntato un registro degli
interventi in cui devono essere riportati, per ciascun paziente, la diagnosi, la
descrizione della procedura eseguita, le eventuali tecniche di anestesia e/o
sedazione e/o analgesia utilizzate, i nominativi degli operatori, l’ora d’inizio
e fine dell’intervento, il decorso clinico e intra-operatorio, comprese le
eventuali complicanze. Il registro deve essere sottoscritto dal responsabile
clinico. La documentazione inerente l’intervento deve essere firmata dal
chirurgo che lo ha effettuato; - deve essere predisposta una relazione
conclusiva, sia clinica che biologica, destinata al medico curante e consegnata
al paziente al termine della prestazione, in cui devono essere indicati il tipo
e la quantità dei farmaci e degli eventuali anestetici somministrati, la
stimolazione effettuata, le procedure impiegate, i risultati ottenuti e
qualunque ulteriore indicazione terapeutica possa essere utile al medico curante
per il periodo successivo; - deve essere assicurata la trasmissione dei
flussi informativi correlati ai Centri PMA richiesti dall’Azienda Sanitaria di
riferimento e dalla Regione; - deve essere distribuita ai pazienti una guida
all’uso del servizio con indicazione dei nomi dei professionisti che operano nel
Centro PMA, corredata con una breve descrizione delle competenze individuali e
delle specifiche sulle procedure di accoglienza della coppia con descrizione dei
relativi percorsi terapeutici da intraprendere; - deve essere fornita ai
pazienti documentazione informativa che indichi con chiarezza modalità delle
procedure, possibilità di successo, possibili rischi ed effetti collaterali;
- deve essere predisposta e seguita una procedura di consenso informato
adeguata alle indagini ed al trattamento da eseguire; - deve essere
predisposta e seguita una procedura che assicuri, nel rispetto della vigente
normativa, la riservatezza delle informazioni fornite dai pazienti, ivi incluse
le informazioni in merito alle loro condizioni cliniche; - deve essere
predisposta una procedura per il controllo della qualità dei servizi erogati,
così come percepita dai pazienti, anche attraverso l’utilizzo di questionari.
I medici ed i biologi dei Centri PMA devono altresì fornire ai soggetti che
accedono alle tecniche di PMA, le informazioni sul numero degli embrioni
prodotti con l’utilizzo delle tecniche di PMA, e, su espressa richiesta, sullo
stato di salute degli embrioni prodotti e da trasferire in utero. Per tutto
quanto non previsto, si rinvia alle disposizioni inerenti i requisiti
organizzativi generali previsti dal Regolamento Regionale n. 3/2005 e s.m.i.,
fermo restando che, in caso di contrasto, le disposizioni del presente
Regolamento prevarranno su quelle del Regolamento Regionale n. 3/2005 e s.m.i.
4. Gestione della qualità
Ogni Centro PMA predispone,
applica e mantiene un sistema documentato di gestione della qualità dei servizi
erogati, per il quale deve essere nominato un responsabile, di norma diverso dal
responsabile clinico e di laboratorio. Il sistema di gestione della qualità
deve comprendere la predisposizione e l’aggiornamento periodico di un manuale e
di procedure operative standard (POS), che descrivano tutte le attività
critiche, comprese le politiche per la qualità, i manuali di formazione del
personale, le schede per la gestione della strumentazione e delle attrezzature e
prevedano documenti, moduli, schede e registrazioni. La documentazione deve
essere riservata, accurata e completa. Qualsivoglia modifica venga apportata,
deve essere verificata, datata, approvata, documentata ed eseguita puntualmente
da personale autorizzato. Tutte le registrazioni critiche per la sicurezza e
la qualità dei prodotti devono essere conservate per almeno 10 anni dopo l’uso
clinico e l’accesso alle stesse deve essere regolamentato e deve ottemperare
alle prescrizioni normative in materia di riservatezza. I dati necessari per la
tracciabilità devono essere conservati per 30 anni.
Ogni Centro PMA deve:
- mettere in atto un sistema di verifica delle attività (c.d. audit), con
periodicità almeno biennale per valutare la conformità delle attività alle linee
guida, ai protocolli ed alle procedure adottate. Devono essere adottati ed
utilizzati linee guida e protocolli assistenziali basati sull’evidenza di
efficacia al fine di assicurare l’appropriatezza delle prestazioni erogate;
- conservare tutta la documentazione inerente le attività di valutazione
della qualità, i cui report devono essere conosciuti da tutti gli operatori del
Centro; - individuare e porre in essere le attività/procedure atte a ridurre
al minimo i rischi, ivi compresi quelli relativi specificatamente alle
procedure, all’ambiente e alla salute del personale, all’utilizzo ed alla
manipolazione di materiale biologico; - garantire l’attuazione degli
adempimenti previsti dal D. Lgs. 81/2008 e s.m.i., ai fini della tutela della
sicurezza e della salute del personale; - garantire la rintracciabilità in
tutte le fasi della processazione di gameti ed embrioni, assegnando un codice
identificativo univoco per ogni coppia che accede ai servizi del Centro ed una
sigla per ogni singolo trattamento di PMA effettuato; - adottare procedure
di gestione del rischio, come previsto dalle specifiche norme di riferimento e
notificare immediatamente al Centro Regionale Trapianti e al Centro Nazionale
Trapianti qualsiasi evento/reazione avversa, ed i conseguenti provvedimenti
adottati; - assicurare che la circolazione delle informazioni all’interno
della struttura sia effettuata in modo da ridurre al minimo errori ed i rischi
nella gestione della procedura; - prevedere un collegamento formalizzato con
altro Centro PMA idoneo, collocato a distanza compatibile con l’adeguato e
tempestivo trattamento, per affrontare eventuali sospensioni dell’erogazione
delle attività dovute ad impossibilità temporanea, strutturale e/o organizzativa
del Centro. Tale rapporto di collaborazione deve essere regolamentato da
apposite convenzioni o accordi scritti che devono, tra l’altro, specificare le
responsabilità di ciascun Centro e dettagliare le procedure da adottarsi nel
caso sia necessario ricorrere all’ausilio della struttura esterna. Ogni soggetto
che accede alle tecniche di PMA deve essere preventivamente ed adeguatamente
informato in merito alla collaborazione tra il Centro PMA prescelto e
l’ulteriore Centro con cui il primo collabora, così come in merito alle
procedure da adottarsi nell’eventualità di una sospensione delle attività, e
deve preventivamente esprimere il proprio consenso informato per iscritto.
In aggiunta a quanto precede, i Centri PMA di II e III Livello devono
altresì predisporre un piano per la gestione delle emergenze per il
trasferimento del paziente in una struttura sede di DEA di II Livello.
Art. 5Centri PMA di I livello 1. I Centri PMA di I Livello non possono far ricorso ad interventi chirurgici,
né a procedure invasive. Le attività che possono essere effettuate nei
Centri PMA di I Livello sono: - inseminazione intrauterina in ciclo
spontaneo o in un ciclo di induzione dell’ovulazione multipla eseguita
utilizzando tecniche di preparazione del liquido seminale; -
crioconservazione dei gameti maschili.
2. I Centri PMA di I Livello
devono essere dotati dei seguenti requisiti specifici strutturali, tecnologici
ed organizzativi.
2.1 Requisiti specifici strutturali I Centri PMA
di I Livello devono essere dotati, oltre che dei requisiti richiesti per
l’attività di Specialistica Ambulatoriale di cui al Regolamento Regionale n.
3/2005 e s.m.i., di: - un locale idoneo (almeno 12 mq) da impiegare per la
valutazione e la preparazione del liquido seminale, distinto dai locali
destinati alle attività ambulatoriali ed interno alla stessa struttura; - un
locale per la raccolta del liquido seminale, possibilmente contiguo al locale di
cui sopra; - in caso di crioconservazione dei gameti maschili, di un locale
che risponda ai requisiti di cui all’articolo 3 del presente Regolamento.
Tutti i locali non destinati al blocco operatorio ed al laboratorio devono
essere dotati di illuminazione ed areazione naturale e devono garantire un
microclima confortevole per pazienti ed operatori.
2.2 Requisiti
specifici tecnologici I Centri PMA di I Livello devono essere dotati delle
seguenti attrezzature: - una cappa a flusso laminare; - bagnomaria
termostato di precisione; - una centrifuga; - un microscopio ottico a
contrasto di fase; - una pipettatrice; - contenitori criogenici, ove il
Centro PMA effettui la crioconservazione, secondo quanto previsto al precedente
articolo 3; - un ecografo con sonda vaginale; - un incubatore a CO2; - attrezzatura per la valutazione e preparazione del liquido seminale.
2.3 Requisiti specifici organizzativi I Centri PMA di I Livello
devono avere una dotazione organica del personale rapportata al volume delle
attività effettuate ed alle tecniche adottate. Deve essere garantita la presenza
di: - un medico specialista in ostetricia e ginecologia, con documentata
esperienza pratica di almeno due anni nell’ultimo quinquennio, nel settore della
PMA, designato quale responsabile clinico della struttura e delle attività
espletate assunto a tempo indeterminato; - un biologo, un biotecnologo o un
medico, in possesso delle specializzazioni previste per la attività di
laboratorio, designato quale responsabile di laboratorio, con almeno due anni
nell’ultimo quinquennio, di esperienza pratica nel settore della PMA assunto a
tempo indeterminato.
Nel caso in cui il responsabile di laboratorio coincida
con il responsabile clinico, deve essere assicurata, durante le ore di attività,
anche la presenza di un tecnico di laboratorio assunto a tempo indeterminato.
2.4 Laboratori dedicati per coppie virus infette Qualora un Centro
PMA di I Livello intenda applicare le tecniche di PMA per cui è stato
autorizzato in coppie virus infette, deve essere dotato, fermo restando tutto
quanto precede e previo ottenimento di una specifica autorizzazione
all’esercizio ai sensi del successivo articolo 10, di un laboratorio dedicato e
di attrezzature dedicate esclusivamente alla processazione dei gameti e degli
embrioni della coppia virus infetta.
Art. 6Centri PMA di II livello 1. Presso i Centri PMA di II Livello possono essere effettuati interventi e
procedure invasive e semi-invasive, con anestesia locale e/o analgesia o in
sedazione profonda. A tal fine, è necessario che dette strutture siano dotate di
una organizzazione clinica ed amministrativa idonee ad effettuare interventi
chirurgici e procedure diagnostiche e/o terapeutiche in regime
ambulatorialesenza ricovero, che consentano al paziente autonomia motoria e
piena vigilanza entro e non oltre le 4 ore successive alla conclusione
dell’intervento e non necessitino di assistenza continuativa post-intervento. I
Centri PMA di II Livello devono effettuare un numero minimo di prestazioni pari
a cento cicli/anno per assicurare uno standard di qualità delle procedure.
2. I Centri PMA di II Livello devono adottare, oltre le tecniche
previste per i Centri PMA di I Livello le seguenti tecniche:
- fecondazione
in vitro e trasferimento dell’embrione (FIVET); - iniezione
intracitoplasmatica dello spermatozoo (ICSI); - prelievo testicolare dei
gameti (prelievo percutaneo o biopsiatesticolare); - eventuale
crioconservazione di gameti maschili e femminili ed embrioni (nei limiti delle
normative vigenti).
3. I Centri PMA di II Livello devono essere dotati
dei seguenti requisiti specifici strutturali, impiantistici e tecnologici che si
intendono ad integrazione dei requisiti previsti dal Regolamento Regionale n.
3/2005 e s.m.i. per l’autorizzazione allo svolgimento dell’attività di
“chirurgia ambulatoriale”. Resta inteso che, in caso di contrasto tra le
disposizioni del Regolamento Regionale n. 3/2005 e s.m.i. e le disposizioni del
presente Regolamento, queste ultime prevalgono.
3.1 Requisiti specifici
strutturali I Centri PMA di II Livello devono essere dotati di:
- un
locale chirurgico di almeno 20 mq che consenta lo svolgimento dell’attività e
l’agevole spostamento del personale (ginecologo, anestesista e assistente
infermiere / ostetrica), dell’attrezzatura (per la rianimazione cardiaca e
polmonare di base) e per l’accesso di lettiga; - un locale laboratorio
adiacente al locale chirurgico; entrambi i locali non devono avere aperture
verso l’esterno (finestre) e devono avere superfici ignifughe, resistenti al
lavaggio e alla disinfezione, lisce e non scanalate, con raccordo arrotondato al
pavimento. Quest’ultimo deve essere resistente agli agenti chimici e fisici,
levigato e antisdrucciolo; - un locale per la preparazione del personale
medico e sanitario all’atto chirurgico (contiguo al locale chirurgico), dotato
di lavello in materiale resistente fornito di acqua calda e fredda per il
lavaggio degli operatori. L’accesso ai locali di processazione deve prevedere
una vestizione specifica ed un comportamento che permettano di ridurre al minimo
le possibili contaminazioni dall’esterno e che salvaguardi la sicurezza
personale e del materiale crioconservato; - un locale con posti letto
tecnici per la preparazione/osservazione dei pazienti; - una idonea sala per
il trasferimento dei gameti e degli embrioni che può coincidere anche con la
sala chirurgica o con la sala di esecuzione delle procedure previste per i
Centri PMA di I Livello, purché sia collocata in prossimità del laboratorio;
- un locale dedicato alla crioconservazione dei gameti ed embrioni che abbia
le caratteristiche di cui all’articolo 3 del presente Regolamento.
3.2
Requisiti specifici impiantistici Il laboratorio deve possedere le seguenti
caratteristiche:
- temperatura interna invernale e estiva compresa tra 20-24
°C - umidità relativa estiva e invernale compresa tra 40-60% - ricambi
aria/ora (aria esterna senza ricircolo) >10 v/h - filtraggio aria 99.97 %
con filtri assoluti ad alta efficienza (HEPA o ULPA) - pressione positiva
dell’aria all’interno del locale con differenza di almeno 10 pascal verso
l’esterno - gruppo di continuità.
Il locale chirurgico deve possedere le
seguenti caratteristiche:
- temperatura interna invernale e estiva compresa
tra 20-24 °C - umidità relativa estiva e invernale compresa tra 40-60% -
ricambi aria/ora (aria esterna senza ricircolo) >10 v/h - filtraggio aria
99.97 % - pressione positiva dell’aria all’interno del locale con differenza
di almeno 10 pascal verso l’esterno - impianto di gas medicali e impianto di
aspirazione gas anestetici direttamente collegato alle apparecchiature di
anestesia - stazioni di riduzione della pressione per il locale chirurgico
doppie per ogni gas medicale tale da garantire un adeguato livello di
affidabilità - impianto allarme di segnalazione esaurimento gas medicali
- gruppo di continuità.
Entrambi gli ambienti devono avere una qualità
dell’aria con numeri di particelle equivalenti almeno al grado D di cui
all’allegato 1 della Guida europea alle buone pratiche di fabbricazione (GMP).
Tutti i locali non destinati al blocco operatorio ed al laboratorio devono
essere dotati di illuminazione ed areazione naturale e devono garantire un
microclima confortevole per pazienti ed operatori.
3.3 Requisiti specifici tecnologici I Centri PMA di II
Livello devono garantire, oltre a quanto previsto in materia per i Centri PMA di
I Livello, la presenza di:
- per ogni locale chirurgico:
• lettino chirurgico;
•
apparecchiatura di anestesia;
• elettro-bisturi;
• un aspiratore
chirurgico con relativi sondini;
• lampada scialitica;
• un tavolino
servitore;
• elettrocardiografo;
• defibrillatore;
• attrezzatura e
farmaci necessari per l’emergenza che consentano di rianimare un paziente
apnoico e in stato di incoscienza e di garantire il supporto vitale in fase di
trasporto in un’altra area (ad es. ambu, maschere, abbassalingua), di cui è
controllata periodicamente la funzionalità;
• pulsossimetro;
•
strumentario per prelievo ovociti con due pompe per aspirazione dei follicoli;
• strumentario chirurgico per prelievo di spermatozoi (in caso di prelievo
per cutaneo o biopsia testicolare).
- per il laboratorio:
• almeno
due incubatori a CO2;
• uno stereo microscopio;
• bilancia di
precisione;
• un inverto microscopio con applicato micromanipolatore per
ICSI;
• cappa a flusso laminare (classe A) con un ambiente di fondo che
abbia una qualità dell’aria con numeri di particelle equivalenti almeno al grado
D di cui all’allegato 1 della Guida europea alle buone pratiche di fabbricazione
(GMP).
Le attrezzature ed i dispositivi tecnici critici sono identificati e
convalidati, periodicamente ispezionati e preventivamente sottoposti a
manutenzione così come previsto dall’allegato V del D. Lgs. 16/2010 e s.m.i.
Tutto lo strumentario utilizzato deve essere sterile (monouso o in acciaio
inossidabile). I Centri devono essere attrezzati con un adeguato sistema di
sterilizzazione.
3.4 Requisiti specifici organizzativi La dotazione
organica del personale deve essere rapportata al volume delle attività ed alle
tecniche adottate. In ogni caso deve essere garantito il seguente standard
minimo di personale, per una struttura che effettua fino a 300 cicli annui:
- un medico specialista in ostetricia e ginecologia con esperienza pratica
di almeno due anni nell’ultimo quinquennio, nel settore della PMA, indicato
quale responsabile clinico; - un biologo, un biotecnologo o un medico, in
possesso delle specializzazioni previste, con esperienza in medicina della
riproduzione e con esperienza di laboratorio di embriologia, per almeno due anni
nell’ultimo quinquennio, indicato quale responsabile di laboratorio; - un
anestesista-rianimatore per indurre la sedazione e monitorare il paziente
durante l’intervento ed il risveglio al momento del prelievo ovocitario e del
prelievo chirurgico degli spermatozoi, che deve garantire un’attività di un’ora
per ciclo, con un minimo di 25 ore mensili per 300 cicli annui; - una unità
infermieristica o ostetrica a tempo indeterminato (a tempo pieno); - un
tecnico di laboratorio assunto a tempo indeterminato (a tempo pieno).
Deve
essere altresì garantita la presenza di uno psicologo per almeno 18 ore al mese
e di un medico specialista in urologia o in endocrinologia competente in
andrologia, per almeno 8 ore al mese. Per uno standard ottimale di attività
pari o superiore a 300 cicli/anno, la dotazione organica (medico ginecologo,
biologo e tecnico) di cui sopra deve essere raddoppiata.
4. Laboratori
dedicati per coppie virus infette Qualora un Centro PMA di II Livello
intenda applicare le tecniche di PMA per cui è stato autorizzato in coppie virus
infette, deve essere dotato, fermo restando tutto quanto precede e previo
ottenimento di una specifica autorizzazione all’esercizio ai sensi del
successivo articolo 10, di un laboratorio dedicato e di attrezzature dedicate
esclusivamente alla processazione dei gameti e degli embrioni della coppia virus
infetta.
Art. 7Centri PMA di III livello 1. Presso i Centri PMA di III Livello possono essere effettuati interventi e
procedure invasive, eseguibili in anestesia generale con intubazione, in regime
di ricovero, in strutture ospedaliere con organizzazione clinica ed
amministrativa idonee. I Centri PMA di III Livello devono garantire la presenza,
oltre che dei requisiti di cui al presente Regolamento, anche la presenza dei
requisiti previsti dal Regolamento Regionale n. 3/2005 e s.m.i. per la
“chirurgia di giorno”. Resta inteso che, in caso di contrasto tra le
disposizioni del Regolamento Regionale n. 3/2005 e s.m.i. e le disposizioni del
presente Regolamento, queste ultime prevalgono.
2. I Centri PMA di III
Livello devono utilizzare, oltre alle tecniche previste per i Centri PMA di I e
II Livello, anche le seguenti tecniche: - prelievo microchirurgico di gameti
dal testicolo; - prelievo degli ovociti per via laparoscopica; -
trasferimento intratubarico dei gameti maschili e femminili (GIFT), zigoti
(ZIFT) o embrioni (TET) per via laparoscopica.
3. Requisiti specifici
strutturali, tecnologici, impiantistici ed organizzativi Oltre ai requisiti
previsti per i Centri PMA di I e II Livello, i Centri PMA di III Livello devono
disporre di: - accesso alla sala operatoria in relazione al volume delle
attività da garantire; - competenze mediche specialistiche ginecologiche e
urologiche anche con esperienza in tecniche endoscopiche e prelievo
microchirurgico degli spermatozoi dalle vie genitali maschili.
4.
Laboratori dedicati per coppie virus infette Qualora un Centro PMA di III
Livello intenda applicare le tecniche di PMA per cui è stato autorizzato in
coppie virus infette, deve essere dotato, fermo restando tutto quanto precede e
previo ottenimento di una specifica autorizzazione all’esercizio ai sensi del
successivo articolo 10, di un laboratorio dedicato e di attrezzature dedicate
esclusivamente alla processazione dei gameti e degli embrioni della coppia virus
infetta.
Art. 8Metodiche specifiche 8.1 Assisted hatching La tecnica di assisted hatching è una tecnica di
micromanipolazione che interviene sulla zona pellucida dell’embrione con diverse
metodologie, assottigliando la stessa o praticando una piccola apertura. In
alcuni casi tale procedura sembra migliorare in maniera significativa le
percentuali di impianto dell’embrione. Il Centro PMA, nei casi in cui la
predetta tecnica viene applicata, deve: - produrre specifico consenso
informato in cui deve essere ben precisato il razionale di utilizzo, i rischi
per l’embrione e l’esperienza specifica del Centro; - specificare in
apposita scheda:
• operatore;
• metodologia (meccanica/chimica/laser);
• durata della procedura;
• stadio di sviluppo embrionario.
Laddove
il Centro utilizzi la metodologia con laser, in aggiunta alla strumentazione
prevista per il Livello II, è necessaria anche la strumentazione LASER dedicata
applicata su microscopio invertito. Il Centro dovrà inoltre produrre con
frequenza annuale specifici report sui casi sottoposti a procedura e relativi
tassi di impianto rispetto a quello generale.
8.2 Biopsia
gameti/embrioni Le tre principali procedure di biopsia sono: 1. la
rimozione del globulo polare; 2. la biopsia di 1-2 blastomeri (3° giorno di
sviluppo embrionario); 3. la biopsia del trofoectoderma (stadio
blastocisti).
Si tratta in tutti i casi di procedure finalizzate alla
diagnosi genetica preimpianto (PGD) ovvero allo screening preimpianto (PGS) e,
come tali, sottoposte a specifiche prescrizioni di Legge.
8.2.1
Requisiti organizzativi La biopsia deve essere effettuata da un embriologo
con specifica esperienza, che esegua quotidianamente procedure embriologiche,
che abbia eseguito almeno 100 biopsie con recupero di cellule intatte in almeno
il 90% dei casi, e che possieda specifica certificazione nazionale o della
European Society for Human Embriology (ESHRE - www.eshre.com). E’ auspicabile la
presenza di almeno 2 persone qualificate per evitare difficoltà correlate ad
assenze impreviste. Tutto lo staff coinvolto nella procedura deve eseguire
specifico training sotto la supervisione del Responsabile di Laboratorio. Il
training deve essere comprovato da specifiche schede, periodicamente aggiornato
e soggetto a revisioni annuali. La decisione circa la procedura viene
effettuata con l’intervento di tre figure professionali: il ginecologo,
l’embriologo e il genetista. Il genetista clinico definisce le condizioni di
accesso alla procedura, le problematiche diagnostiche e, dopo la diagnosi,
assicura la tempestiva consulenza circa i risultati ottenuti. Per tale ragione
deve essere un genetista medico con esperienza decennale nel campo del
counselling genetico in epoca prenatale.
8.2.2 Requisiti tecnologici In aggiunta alla strumentazione prevista per i Centri di II Livello, deve
essere assicurata l’utilizzazione di specifica strumentazione prevista per le
singole procedure di biopsia utilizzate dal Centro. In particolare deve essere
assicurata la strumentazione LASER dedicata applicata su microscopio invertito.
8.2.3 Protocolli operativi La particolare complessità e peculiarità
della metodica rende opportuno: 1. identificare aree di lavoro specifiche e
riservate che limitino al massimo eventuali problematiche di contaminazione dei
campioni con cellule/DNA estranei. Tra una procedura e la successiva vanno
adottate procedure di pulizia delle aree e sterilizzazione; 2. appropriati
sistemi di tracciabilità. In particolare si raccomanda l’utilizzo di un sistema
di etichettatura doppia che consenta in maniera inequivocabile di correlare
paziente-gamete/embrione-risultato diagnostico; 3. dopo aver effettuato la
biopsia, il materiale biologico dovrà essere analizzato in laboratori di
genetica accreditati, preferibilmente in vicinanza geografica rispetto al Centro
PMA. Di intesa tra il Centro PMA ed il Laboratorio di Diagnosi genetica devono
essere predisposti in forma scritta specifici protocolli operativi, così come
specificato al successivo punto 5); 4. deve essere formulato uno specifico
protocollo di intesa con il genetista clinico. Tale protocollo deve prevedere,
oltre alla esperienza sopra specificata, anche la pronta disponibilità; 5.
deve essere formalizzato uno specifico accordo tra il Centro PMA ed il
Laboratorio di Genetica dove verrà eseguita la diagnosi preimpianto. Tale
accordo deve prevedere:
• le rispettive competenze e le responsabilità
medico-legali;
• le procedure di accettazione e di consenso informato
condivise;
• il protocollo operativo con l’individuazione delle specifiche
responsabilità nelle diverse fasi dalla accettazione del paziente alla consegna
del risultato;
• la condivisione operativa sulle procedure di biopsia e di
raccolta/fissazione dei campioni in relazione alle successive procedure
diagnostiche;
• un adeguato flusso informativo tra Centro PMA e Laboratorio
di diagnosi genetica preimpianto che prevede 2 aree principali che devono essere
specificatamente accreditate:
a. Sezione di Biologia molecolare (malattie
monogeniche)
b. Sezione di Citogenetica molecolare (Ibridazione in situ
fluorescente, FISH; Ibridazione genomica mediante array, array CGH).
Art. 9Determinazione del fabbisogno A modifica del Regolamento Regionale n. 3/2006, l’art. 1 sub. C lett. b), è
sostituito dal seguente: “il fabbisogno di prestazioni di PMA ai fini del
rilascio del parere di compatibilità per l’autorizzazione alla realizzazione di
un Centro PMA, viene rideterminato in un Centro PMA ogni 200.000 abitanti, con
esclusione delle Aziende Ospedaliere e degli IRCCS. Tenuto conto del fatto
che i Centri PMA di II e III Livello ricomprendono le funzioni previste per i
Centri, rispettivamente, di I e II Livello, il dimensionamento territoriale deve
garantire: - 1 Centro PMA di III Livello per ognuna delle macroaree, area
del Salento, area di Bari ed area Puglia nord, come individuate dalla L.R.
23/2008; - 1 Centro PMA di II Livello ogni 400.000 abitanti (o frazione
superiore a 200.000) per ASL; - 1 Centro PMA di I Livello ogni 400.000
abitanti (o frazione superiore a 200.000) per ASL.”
Art. 10Autorizzazione alla realizzazione ed all’esercizio 1. I Centri PMA di I, II e III Livello sono soggetti all’autorizzazione alla
realizzazione ai sensi dell’art. 8-ter, commi 1 e 3 del D. Lgs. n. 502/92 e
s.m.i., in relazione al fabbisogno definito dal presente Regolamento. Con
riferimento alla procedura per la richiesta del parere di compatibilità si
rinvia a quanto previsto dall’ art. 7 della L.R. 28 maggio 2004, n. 8 e s.m.i..
2. L’autorizzazione all’esercizio dei Centri PMA di I, II e III Livello
è rilasciata dalla Regione secondo le procedure e nei termini stabiliti dalla
L.R. 28 maggio 2004, n. 8 e s.m.i., artt. 8 e 9. In ogni caso, nella domanda di
autorizzazione all’esercizio ciascun Centro PMA deve indicare le specifiche
attività per le quali richiede l’autorizzazione ed il relativo Livello (I, II o
III). Ove un Centro PMA intenda svolgere anche le attività di assisted hatching
e/o biopsia di gameti/embrioni, di cui al precedente articolo 8, e/o intenda
dotarsi di un laboratorio dedicato all’applicazione delle tecniche di PMA a
coppie virus infette, di cui ai precedenti articoli 6 comma 4 e 7 comma 4, deve
espressamente indicarlo nella medesima domanda di autorizzazione all’esercizio o
in separata specifica domanda.
3. Entro il 31 marzo di ogni anno, ai
fini del mantenimento dell’autorizzazione di cui al successivo comma 4, il
responsabile clinico del Centro PMA invia al Servizio Accreditamento e
Programmazione Sanitaria della Regione Puglia, un’autocertificazione attestante: - il permanere dei requisiti generali e di quelli strutturali,
impiantistici, tecnologici e organizzativi specifici per ciascuna tipologia di
Centro PMA; - il raggiungimento degli standard minimi di attività per i
Centri PMA di II e III Livello (almeno cento cicli all’anno); - il permanere
dei requisiti per lo svolgimento delle attività di assisted hatching e/o biopsia
di gameti/embrioni e/o dell’applicazione delle tecniche di PMA a coppie virus
infette, qualora espressamente autorizzati secondo il precedente comma 2;
-
il rispetto delle disposizioni di cui alla Legge 40/2004 e s.m.i., e delle
relative Linee Guida.
Nell’autocertificazione deve essere specificata in
maniera dettagliata l’attività di formazione e l’aggiornamento continuo del
personale medico, biologo e tecnico, nel rispetto della specifica normativa
nazionale vigente e di quanto stabilito nel presente Regolamento. In caso di
mancato inoltro dell’autocertificazione di cui al presente comma e previa
diffida ad adempiere, l’autorizzazione si intenderà decaduta.
4. La
conferma dell’autorizzazione all’esercizio, previa verifica della permanenza dei
requisiti generali e specifici strutturali, impiantistici, tecnologici ed
organizzativi, è triennale. Rimane inteso che le eventuali autorizzazioni
all’esercizio delle attività di assisted hatching e/o biopsia di gameti/embrioni
e/o di laboratorio dedicato all’applicazione delle tecniche di PMA a coppie
virus infette, che dovessero essere rilasciate ad un Centro PMA successivamente
al rilascio della generale autorizzazione all’esercizio, decadono
automaticamente con la scadenza dell’autorizzazione all’esercizio. Entro la
scadenza del terzo anno successivo al rilascio dell’autorizzazione e ad ogni
successivo triennio, a pena di decadenza dell’autorizzazione all’esercizio, il
responsabile clinico del Centro PMA richiede conferma dell’autorizzazione
all’esercizio al Servizio Accreditamento e Programmazione Sanitaria della
Regione Puglia, specificando le singole attività per le quali tale richiesta è
presentata, ivi incluse le eventuali attività di assisted hatching e/o biopsia
di gameti/embrioni e/o dell’applicazione delle tecniche di PMA a coppie virus
infette.
Art. 11Verifiche e sanzioni 1. Le verifiche sul rispetto delle disposizioni di legge, sul possesso e sulla
permanenza dei requisiti generali e di quelli strutturali, impiantistici,
tecnologici e organizzativi specifici per ciascuna tipologia di Centro PMA sono
effettuate dai Dipartimenti di Prevenzione della ASL competente per territorio,
ai sensi della L.R.
28 maggio 2004, n. 8 e s.m.i.. 2. Le cause di decadenza
dell’autorizzazione, oltre quelle di cui al presente Regolamento, sono quelle
previste dall’ art.
10 della L. R. 28 maggio 2004, n. 8 e s.m.i. 3. Per quanto attiene
il regime sanzionatorio, si rinvia a quanto espressamente disciplinato in
materia dall’ art.15
della L. R. 28 maggio 2004, n. 8 e s.m.i.
Art. 12Norme transitorie 1. I Centri PMA di I, II e III Livello già autorizzati dalla Regione Puglia alla
data di entrata in vigore del presente Regolamento, devono adeguarsi ai
requisiti di cui al presente Regolamento nei termini di seguito indicati a far
data dalla sua pubblicazione sul BURP: a. entro sei mesi per i requisiti
organizzativi; b. entro dodici mesi per i requisiti strutturali e
tecnologici.
Entro i trenta giorni successivi alla scadenza di ciascuno di
tali termini, a pena di decadenza dell’autorizzazione all’esercizio, il
responsabile della struttura invia al Servizio Accreditamento e Programmazione
Sanitaria della Regione Puglia un’autocertificazione attestante il possesso dei
requisiti, ai fini dell’avvio delle attività di verifica.
2. Gli atti
autorizzativi rilasciati dai Comuni devono essere confermati dalla Regione
Puglia. Ai fini della conferma dell’autorizzazione da parte della Regione, i
Centri PMA di I Livello, che hanno ottenuto l’autorizzazione all’esercizio da
parte dei Comuni, trasmettono al Servizio Accreditamento e Programmazione
Sanitaria della Regione Puglia, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del
presente Regolamento, a pena di decadenza dell’autorizzazione all’esercizio,
copia dell’autorizzazione rilasciata dal Comune nonché un’autocertificazione
attestante la permanenza del possesso dei requisiti tecnico-scientifici e
organizzativi della struttura ai sensi del previgente Regolamento
Regionale n. 2/2005, l’elenco delle attività svolte dal Centro ed il
rispetto delle disposizioni di cui alla Legge 40/2004 e s.m.i., e relative Linee
Guida. La conferma dell’autorizzazione viene rilasciata a sensi della L.R.
28 maggio 2004, n. 8 e s.m.i., art. 3 comma 1 lett. c) punto 4.
3. I
Centri PMA di cui al precedente comma 2 che richiedono la conferma
dell’autorizzazione alla Regione, devono, comunque, adeguarsi ai requisiti
previsti dal presente Regolamento entro i termini di cui al precedente comma 1.
4. Ottenuta la conferma dell’autorizzazione, i Centri PMA trasmettono al
Registro Nazionale della Procreazione Medicalmente Assistita, ai sensi dell’art.
2 decreto del Ministero della Salute del 7 ottobre 2005, le informazioni e la
documentazione necessaria ai fini della richiesta di iscrizione nel medesimo
Registro.
5. I Centri PMA autorizzati precedentemente all’entrata in
vigore del presente Regolamento si intendono inclusi nel fabbisogno regionale,
tenuto conto anche degli eventuali processi di riclassificazione verso livelli
di complessità inferiore del Centro PMA, che si potrebbero determinare a seguito
dell’adeguamento ai requisiti definiti nel presente Regolamento. In ogni caso, i
Centri PMA già autorizzati, che intendano modificare l’autorizzazione per un
livello di complessità maggiore, devono, comunque, richiedere il previsto parere
di compatibilità, di cui al precedente articolo 10.
6. Per i Centri PMA
in esercizio alla data di entrata in vigore del presente Regolamento e per il
personale in servizio nei Centri PMA alla medesima data, si richiede, al fine
della conferma del ruolo di responsabile di cui al precedente articolo 4,
paragrafo 2 ed in assenza del requisito della specializzazione di cui al
medesimo articolo 4, comma 2.1, un’anzianità di servizio di dieci anni presso un
Centro PMA.
Art. 13Norma di rinvio Per quanto non espressamente previsto nel presente Regolamento, si rinvia alla
normativa regionale vigente in materia, ed in particolare alla L. R. 8/2004 e
s.m.i. e al Regolamento Regionale n. 3/2005 e s.m.i., ed alla normativa
nazionale vigente in materia ed alle Linee Guida definite con decreto del
Ministero della Salute, ai sensi dell’art. 7 della Legge 40/2004.
Art. 14Norma abrogativa Il presente Regolamento abroga e sostituisce il Regolamento n. 2/2005,
“Organizzazione delle strutture autorizzate all’applicazione delle tecniche per
la procreazione medicalmente assistita ai sensi della L.R. n° 7/2004”.
Disposizioni finali Il presente Regolamento è pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione
Puglia ai sensi e per gli effetti dell’ art.
53 comma 1 della L.R.12/05/2004, n. 7 “Statuto della Regione Puglia”.E’
fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e farlo osservare come Regolamento
della Regione Puglia.
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